Oro: quando finiranno gli acquisti delle Banche centrali?

A settembre le quotazioni dell’oro sono riuscite ad uscire dalla fase laterale compresa tra 3.200 e 3.450 dollari l’oncia. Gli analisti di Goldman Sachs ritengono che ciò sia dovuto all’aumento delle partecipazioni in ETF, al posizionamento speculativo più forte e alla riaccelerazione della domanda da parte delle Banche centrali dopo la pausa estiva.

Fonte: ricerca Goldman Sachs

GS continua a ritenere che entro la prima metà del 2026 il metallo giallo raggiungerà i 4.000 dollari l’oncia, principalmente grazie alla domanda strutturalmente forte degli istituti centrali, dagli afflussi di ETF sostenuti dal taglio dei tassi della Fed e dal rischio di recessione negli USA.

Dal 2022, le Banche centrali (specie quelle dei Paesi emergenti) hanno aumentato gli acquisti di oro di circa 5 volte. Goldman Sachs ritiene che questo sia un cambiamento strutturale e non vedono inversioni di tendenza a breve.

Fonte: ricerca Goldman Sachs

L’attuale trend dovrebbe proseguire per altri 3 anni, in quanto gli istituti centrali dei mercati emergenti restano sottopesati sull’oro rispetto alle controparti delle Nazioni sviluppate, mente cercano di aumentare le allocazioni nell’ambito di una strategia di diversificazione.

Per fare un esempio: le stime indicano che la PBOC detenga circa l’8% delle riserve in oro, men al di sotto del 70% di USA, Germania, Francia e Italia. La media globale è del 20%: se quindi la Cina decidesse di arrivare a questa quota mantenendo un ritmo di acquisto medio mensile di 40 tonnellate, impiegherebbe circa 3 anni.

L’idea di una prosecuzione degli acquisti da parte delle Banche centrali viene confermata anche dai diversi sondaggi del World Gold Council.

Fonte: ricerca Goldman Sachs

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